Giovedi, 25 aprile 2024 - ORE:11:43

Quale futuro per una società corrotta?

Falcone - Borsellino

Falcone - Borsellino

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Parafrasando Tertulliano, possiamo affermare che il sangue dei martiri fa nascere nuove coscienze, allora il sangue di tutti coloro che sono morti per combattere la mala vita organizzata non può che far nascere nuove coscienze civili. Ogni anno, il 23 maggio è giorno di festa, perché, sebbene in quel lontano 1992 morivano Giovanni Falcone, la moglie Francesca e la scorta, non possiamo che fare memoria dell’agire e del coraggio di tutti coloro che, in prima linea, hanno deciso di combattere pacificamente ed evitare che la nostra società potesse morire a causa della corruzione.

Nonostante le morti, ahimè, la situazione è alquanto drammatica, perché la società odierna, e pertanto la sua rappresentazione politica, preferisce condurre una vita avvolta dal nauseabondo fetore della corruzione che, nell’ottica dell’affarismo, uccide la vita di un Paese che, a parole, si definisce democratico. Gli ultimi scandali sulle opere pubbliche ci danno testimonianza della gravosa portata della situazione, ma ciò che emerge con maggiore stupore è che oramai non occorre più parlare, necessariamente, di mafia, ndrangheta, camorra o altro per trovarci di fronte al malaffare, ma è sufficiente parlare di gente comune che, pur non affiliata alle cosche, assume uno stile di vita che è proprio quello del mala affare.

Attenzione allora a quelle forme di criminalità di cui noi stessi siamo protagonisti: non possiamo lamentarci della mala politica se, andando dal dentista o ricevendo una prestazione dall’idraulico, preferiamo non far staccare la ricevuta per pagare di meno piuttosto che pagare di più, ma essere legali. Non possiamo lamentarci se, poi, non esigiamo lo scontrino, non possiamo lamentarci se, poi, sul bus non paghiamo il biglietto, non possiamo lamentarci della scarsità dei servizi se non contribuiamo a pagare le tasse. Tutto ciò che ci rende complici della corruzione, grande o piccola che sia, diventa mafia.

Di fronte a coloro che dicono: “Non paghiamo le tasse perché sono tante o perché gli altri non pagano“, occorre reagire e non sottostare a tale logica; se partecipassimo tutti alla contribuzione sociale, ovvero al pagamento delle tasse, queste diminuirebbero.

Se ci lamentiamo della politica odierna, non dovremmo, forse, lamentarci di noi stessi? Non dovremmo, noi per primi, iniziare a cambiare? La politica è sempre una rappresentanza della società e allora se questa è corrotta, lo sarà anche la sua rappresentanza istituzionale.

L’esempio di coloro che hanno combattuto il mala affare deve aiutarci, deve cambiare il nostro modo di vivere la società; sino adesso, allora, sono state dette solo pupiate, ossia parole teatrali di rito pronunciate per le commemorazioni, perché il miglior ricordo non può che essere l’azione concreta, costante e quotidiana che continua l’opera e le idee di questi grandi.


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