Martedi, 16 aprile 2024 - ORE:21:32

Guardiamo l’uomo, non altro!

prayforparis

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Non è il momento di parlare e di chiacchierare sulle faccende nostrane, credo sia più opportuno fermarsi, riflettere e confrontarsi.

La strage di Parigi ancora una volta è il segno di un’umanità che si disumanizza e che annienta se stessa, ma, attenzione, è anche il segno di una brutta differenziazione mediatica che non possiamo sottacere.

Le barbarie francesi, però, non sono l’unico episodio brutale di questa terza guerra mondiale a pezzi come definita da Papa Francesco, perché tutto il Medio Oriente e buona parte del continente africano sono vittima del potere nero del califfato. Perché allora i rotocalchi nazionali concentrano la loro attenzione mediatica solo sull’episodio francese e, adesso, solo sulla capitale europea, ossia Bruxelles, in perenne coprifuoco?

Ci sono Stati di seria A e Stati di serie B? Ci sono vittime di serie A e vittime di serie B se non addirittura in fuori gioco?

La corretta informazione è preludio di coscienze consapevoli in grado di poter affrontare un dialogo, di poter avviare un serio confronto e poter risolvere ogni problema che possa sorgere, ma coscienze ignoranti o formate ed informate parzialmente distorcono il buon esito del confronto oltre che della eventuale risoluzione problematica da affrontare.
Allora andiamo avanti.

Molti sono i partiti politici che, per fare il loro sporco gioco, lucrano sulla scorretta informazione, si dice, infatti, che l’immigrazione è la causa del terrorismo odierno, ma i 2/3 degli attentatori di Parigi sono francesi, allora il problema è l’immigrazione o qualche altra cosa che non va? Perché non concentrare le forze di controllo all’arrivo, piuttosto che chiudere a priori le frontiere anche a chi scappa dalle guerre e dall’ISIS?

Pochi sono quelli che informano apertamente che i finanziamenti e gli armamenti a disposizione dello Stato Islamico sono anche di provenienza occidentale, proprio di quella parte del mondo che dovrebbe arginare il problema.

L’ISIS, come ho detto altre volte anche in questa testata, è il frutto di nostre politiche scellerate, perché piuttosto che curare il processo di democratizzazione dei Paesi più poveri del mondo, abbiamo accentuato il prosciugamento fisico e non solo di quei Paesi, contribuendo a fomentare odio nei nostri confronti. 
Certo, la risposta immediata innanzi a un attacco è attaccare anche violentemente, ma forse, l’ISIS non è il frutto degli interventi militari più o meno recenti? 
Pensate alla Libia che dopo Gheddafi non ha avuto un serio sostegno dall’Occidente per avviare un vero processo di democratizzazione, ma ha visto accentuare le lotte fratricide fra le decine tribù che si contendono il potere. In Medio Oriente, là dove gli Stati Uniti hanno condotto e conducono ancora oggi un’azione militare per arginare il terrorismo primordiale di Bin Laden, non ci sono stati i frutti sperati. 
Sembra un paradosso, ma il male non può essere sconfitto col male, allora l’unica e seria opportunità è abbandonare gli interessi di parte, la violenza e iniziare a risolvere il problema con la volontà di risolverlo.

Guardate, però, che questo richiede un cambiamento culturale di ogni singolo uomo, perché non possiamo pretendere che le faccende della macrostoria, ossia delle Nazioni, possano cambiare se prima non muta l’agire quotidiano di ogni singolo uomo, perché se l’arma che utilizzeremo per ogni lite personale è quella dell’odio, del male e della violenza, inevitabile sarà l’uso della lite, dell’odio, della guerra e della violenza nelle macro relazioni.
Guardiamo l’uomo, non altro!


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